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Un Autunno da mediano (Ode all'autunno)
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Un Autunno da mediano (Ode all'autunno)

di Fafi, in  Fiori e piante

E una promessa a me: non passeranno mai, intere stagioni, senza che io possa vederti... (anche da lontano, ma dal vero...)

Inviata il 18/11/2016, vista 639 volte.
Scattata il 20/10/2016.

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#1 del 18/11/2016
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Ah, quanto tempo si è potuto vivere, terra, senza autunno! Ah, che naiade oppressiva la primavera con i suoi scandalosi capezzoli che mostra in tutti gli alberi del mondo, e quindi l’estate, grano, grano, intermittenti grilli, cicale, sudore sfrenato. Poi, l’aria reca di mattina un vapore di pianeta. Da altra stella cadono gocce d’argento. Si respira il cambiamento delle frontiere, dell’umidità del vento dal vento alle radici. Qualcosa di sordo, profondo, lavora sottoterra stivando sogni. L’energia si raggomitola, la catena delle fecondazioni arrotola i suoi anelli. Modesto è l’autunno come i taglialegna. Costa molto togliere tutte le foglie da tutti gli alberi di tutti i paesi. La primavera le cucì in volo e ora bisogna lasciarle cadere come se fossero uccelli gialli: Non è facile. Serve tempo. Bisogna correre per le strade, parlare lingue, svedese, portoghese, parlare la lingua rossa, quella verde. Bisogna sapere tacere in tutte le lingue e dappertutto, sempre, lasciare cadere, cadere, lasciare cadere, cadere le foglie. Difficile è essere autunno, facile essere primavera. Accendere tutto quel che è nato per essere acceso. Spegnere il mondo , invece, facendolo scivolare via come se fosse un cerchio di cose gialle, fino a fondere odori, luce, radici, e a far salire il vino all’uva, coniare con pazienza l’irregolare moneta della cima dell’albero e spargerla dopo per disinteressate strade deserte, è compito di mani virili. Per questo, autunno, compagno vasaio, costruttore di pianeti, elettricista, conservatore del grano, ti dò la mia mano da uomo a uomo e ti chiedo di invitarmi a uscire a cavallo per lavorare insieme a te. Ho sempre voluto essere l’apprendista dell’autunno essere il piccolo parente del laborioso meccanico delle cime, galoppare per la terra distribuendo oro, oro inutile. Ma, domani, autunno, ti aiuterò a ripartire foglie d’oro ai poveri della strada. Autunno, buon cavaliere, galoppiamo, prima che ci sorprenda il nero inverno. E’ duro il nostro lungo lavoro. Andiamo a preparare la terra e a insegnarle a essere madre, a riparare le sementi che nel suo ventre dormiranno protette da due cavalieri rossi che girano per il mondo: l’apprendista dell’autunno e l’autunno. Così dalle radici oscure e nascoste potranno uscire danzando la fragranza e il velo verde della primavera. (P. Neruda)


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