I Grandi Maestri Fotografi

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  LAVORI IN CORSO - WORK IN PROGRESS - CANTIERE APERTO
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Queste pagini sono state realizzate con la fattiva collaborazione e ricerca, effettuata dagli utenti: Andrea Plebani (Genesio1974), Stefano Tommasi (stefanoholden),Antonella (Norasmind) Enzo (enzocala)
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== Alfred Eisenstaedt ==
== Alfred Eisenstaedt ==

Versione delle 13:28, 26 apr 2012

LAVORI IN CORSO - WORK IN PROGRESS - CANTIERE APERTO


Indice

Premessa

Queste pagini sono state realizzate con la fattiva collaborazione e ricerca, effettuata dagli utenti: Andrea Plebani (Genesio1974), Stefano Tommasi (stefanoholden),Antonella (Norasmind) Enzo (enzocala)

Alfred Eisenstaedt

victory day
M.Monroe

1898 Dierschau,Germania - 1995 Oak Bluffs Martha's Vineyard, Massachusetts. Alfred Eisenstaedt incomincia a scattare fotografie già a 13 anni con un apparecchio Kodak ricevuto in regalo. Dopo la prima guerra mondiale, all'epoca della grande inflazione, si guadagna da vivere vendendo cinture e bottoni per conto di un'azienda di Berlino. Nel tempo libero si dedica alla fotografia e incomincia a sperimentare gli ingrandimenti di particolari. La pubblicazione su «Weltspiegel» della foto di una tennista segna l'inizio della sua carriera di fotografo freelance per molte riviste e quotidiani tra cui anche il «Berliner Tageblatt». Nel 1929 decide di dedicarsi esclusivamente a quella che fino a quel momento era stata solo una passione e lavora per la Pacific and Atlantic Picture Agency. Già con il primo incarico affidatogli - realizzare un reportage fotografico sul conferimento del Premio Nobel a Thomas Mann nel 1929 - suscita grande attenzione. In questi anni realizza numerosi ritratti fotografici divenuti poi famosi; tra gli altri, quello di Marlene Dietrich, di George Bernard Shaw, ma anche di Joseph Goebbels, Hitler e Mussolini e il reportage sulla guerra tra Italia ed Etiopia. Lavora per la «Berliner Illustrierte Zeitung» e per altri quotidiani di Berlino e Parigi. A causa della situazione politica in Germania e nella speranza di trovare migliori possibilità di lavoro, Eisenstaedt, nel 1935, emigra negli Stati Uniti dove, in un primo tempo, lavora per «Harper's Bazaar», «Vogue» e «Town and Country». Arriva a New York proprio quando la rivista «Life» viene lanciata ed entra a far parte dei suoi collaboratori fissi già all'inizio dei 1936. Prima della temporanea sospensione della pubblicazione di quest'ultima nel 1972, Eisenstaedt ha già ottenuto più di 2500 incarichi e realizzato fotografie per più di 90 copertine; come fotoreporter non è specializzato in nessun particolare settore, ma è entrato nella storia della fotografia soprattutto per i suoi ritratti. Ha immortalato non soltanto innumerevoli personaggi famosi della cultura e della politica, ma anche uomini sconosciuti ripresi nella vita di tutti i giorni. E' famosa la fotografia intitolata Il giorno della vittoria, l'istantanea di un appassionato bacio durante la parata dei marine vittoriosi in Times Square alla fine della seconda guerra mondiale. Eisenstaedt è un pioniere della fotografia con luce naturale poiché è tra i primi a rinunciare al flash per sfruttare l'ambiente naturale e l'atmosfera da esso prodotto. Peter Pollack scrive di lui: «Punto di forza delle sue fotografie è la semplicità della loro composizione. I ritratti di Eisenstaedt rivelano chiaramente lo spirito e il carattere della persona, famosa o sconosciuta che sia. Per la loro familiarità, le sue opere fanno sentire partecipe l'osservatore e gli danno la sensazione di essere presente accanto al fotografo». Eisenstaedt ha ricevuto numerosi premi internazionali ed è tra i fotoreporter più pubblicati dei mondo.

Ansel Adams

Teton
Mc Gown Peak

nato nel 1902 a San Francisco e deceduto a Carmel in Californianel nel 1984. Nel 1916, Ansel Adams scatta le sue prime fotografie durante un soggiorno di vanza al Yosemite National Park della California. Già allora si annunciano i contenuti della sua futura attività artistica: il collegamento tra l'interesse per la fotografia e l'amore e l'impegno nei confronti del paesaggio americano. In un primo momento, tuttavia, Adams sceglie di studiare pianoforte. Solo grazie all'incontro con Paul Strand nel 1930 scopre nella fotografia il suo vero mezzo espressivo. Nel 1932, insieme ai fotografi costituisce il gruppo "f-64". I membri si schierano in modo dogmatico a favore di una fotografia caratterizzata dalla massima profondità di campo e accuratezza dei dettagli. Nel 1941 il fotografo mette a punto il suo "sistema a zone", uno strumento per determinare il tempo di posa e di sviluppo, che consente una gradazione ottimale delle componenti del grigio. Adams illustra le proprie concezioni e tecniche in numerosi libri e seminari. Nel 1946 fonda l'istituto di fotografia all'interno della California School of Fine Arts di San Francisco. Nel 1962, sceglie di vivere in pianta stabile nelle Carmel Highlands. Come fotografo di paesaggi, Adams ha trascorso gran parte della sua vita nei parchi nazionali americani, cui ha dedicato oltre 24 volumi. La sua attività non si è limitata alla fotografia fine a se stessa, ma ha sensibilizzato il pubblico alla causa dei parchi: egli ne ha sostenuto infatti il mantenimento e contribuito all'istituzione di nuovi. sua la famosa frase "Ci sono due persone in ogni foto: il fotografo e l’osservatore”

Henri Cartier-Bresson

Paesaggio innevato
H.C.Bresson

Henri Cartier-Bresson, nato il 22 agosto 1908 a Chanteloup (Francia) Inizialmente si interessa solo di pittura ma dagli inizi degli anni '30 sceglie definitivamente di sposare la fotografia. Nel 1931, a soli 23 anni, ritornato in Francia dopo un anno in Costa d'Avorio, scopre la gioia di fotografare, compra una Leica e parte per un viaggio che lo porta nel sud della Francia, in Spagna, in Italia e in Messico. La Leica con la sua maneggevolezza e la pellicola 24x36 inaugurano un modo nuovo di rapportarsi al reale, sono strumenti flessibili che si adattano straordinariamente all'occhio sempre mobile e sensibile del fotografo. L'ansia che rode Cartier-Bresson in questo suo viaggio fra le immagini del mondo lo porta ad una curiosità insaziabile, incompatibile con l'ambiente borghese che lo circonda, di cui non tollera l'immobilismo e la chiusura, la piccolezza degli orizzonti. Nel 1935 negli USA inizia a lavorare per il cinema con Paul Strand; tiene nel 1932 la sua prima mostra nella galleria Julien Levy. Tornato in Francia continua per qualche tempo a lavorare nel cinema con Jean Renoir e Jaques Becker, ma nel 1933 un viaggio in Spagna gli offre l'occasione per realizzare le sue prime grandi fotografie di reportage. Ed è soprattutto nel reportage che Cartier-Bresson mette in pratica tutta la sua abilità e ha modo di applicare la sua filosofia del "momento decisivo": una strada che lo porterà ad essere facilmente riconoscibile, un marchio di fabbrica che lo distanzia mille miglia dalle confezioni di immagini celebri e costruite. Ormai è diventato un fotografo importante. Catturato nel 1940 dai tedeschi, dopo 35 mesi di prigionia e due tentate fughe, riesce a evadere dal campo e fa ritorno in Francia nel 1943, a Parigi, dove ne fotografa la liberazione. Qui entra a far parte dell'MNPGD, un movimento clandestino che si occupa di organizzare l'assistenza per prigionieri di guerra evasi e ricercati. Finita la guerra ritorna al cinema e dirige il film "Le Retour". Negli anni 1946-47 è negli Stati Uniti, dove fotografa soprattutto per Harper's Bazaar. Nel 1947 al Museum of Modern Art di New York viene allestita, a sua insaputa, una mostra "postuma"; si era infatti diffusa la notizia che fosse morto durante la guerra. Nel 1947 insieme ai suoi amici Robert Capa, David "Chim" Seymour, George Rodger e William Vandivert (un manipolo di "avventurieri mossi da un'etica", come amava definirli), fonda la Magnum Photos, cooperativa di fotografi destinata a diventare la più importante agenzia fotografica del mondo. Dal 1948 al 1950 è in Estremo Oriente. Nel 1952 pubblica "Images à la sauvette", una raccolta di sue foto (con copertina, nientemeno, che di Matisse), che ha un'immediata e vastissima eco internazionale. Nel 1955 viene inaugurata la sua prima grande retrospettiva, che farà poi il giro del mondo, al Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Dopo una serie di viaggi (Cuba, Messico, India e Giappone), dal 1966 si dedica progressivamente sempre più al disegno. Innumerevoli, in questi anni, sono i riconoscimenti ricevuti, così come le esposizioni organizzate e le pubblicazioni che in tutto il mondo hanno reso omaggio alla sua straordinaria produzione di fotografo e di pittore. Dal 1988 il Centre National de la Photographie di Parigi ha istituito il Gran Premio Internazionale di Fotografia, intitolandolo a lui. Oltre ad essere universalmente riconosciuto tra i più grandi fotografi del secolo, Henri Cartier-Bresson ha avuto un ruolo fondamentale nella teorizzazione dell'atto del fotografare, tradotto tra l'altro nella già ricordata e celebre definizione del "momento decisivo". Poco prima di raggiungere i 96 anni, è morto a Parigi il 2 agosto 2004. La notizia ha commosso e fatto il giro del mondo solo due giorni più tardi, dopo i funerali.

H.C. Bresson è l'autore di una affermazione che troviamo nell'80% delle firme nei forum di fotografia:"fotografare è mettere sullo stesso piano occhio, mente e cuore."

L'artista francese non ha perso occasione di ripetere che non si può imparare a fotografare: dotato di grande intelligenza e di notevole capacità di reazione, egli rivela nelle situazioni che gli interessano una sensibilità che gli consente di trovarsi al momento giusto nel posto giusto e di scattare quando la situazione raggiunge l'apice, riuscendo a strappare alla fugacità un frammento di realtà, a gabbare, per così dire, il tempo. La concezione di Cartier-Bresson si fonda sull'assunto che la fotografia è in grado di riprodurre fedelmente la realtà e che in essa si nasconde la possibilità della verità. Il suo modo di fare fotografia è possibile soltanto a partire da questo presupposto, perché il momento di cui egli parla, quello «decisivo», è tale soltanto in base alla situazione vissuta e richiede quindi un rapporto diretto con la realtà per poter essere inteso come tale. In questo senso Cartier-Bresson è stato un acuto osservatore, un uomo dall'occhio sapiente, che sa che cosa vuole e che cosa gli interessa. Una volta si è paragonato a un pescatore che ha già un pesce all'amo, per il quale la cosa più importante è avvicinarsi con molta cautela alla preda e colpire al momento giusto.



Elliott Erwitt

cane con pullover
Erwitt omaggio a Bresson


Elliott Erwitt nasce il 26 luglio 1928 a Parigi, passa la sua infanzia a Milano, si trasferisce nuovamente a Parigi e poi, in via definitiva negli stati Uniti, prima a New York, poi nel 1941 a Los Angeles. La sua passione per la fotografia si manifesta già nella sua adolescenza quando viveva ad Hollywood, mentre studiava alla High School comincia a lavorare in una camera oscura professionale già nel 1944. Nel 1948 si sposta a New York, e lì incontra Steichen, Robert Capa, e Roy Striker. Dopo aver passato il 1949 a viaggiare in Francia ed in Italia, Erwitt rientra a New York ed inizia a lavorare come fotografo professionista. Arruuolato nell'esercito Americano nel 1951, continua a scattare immagini mentre era di stanza in Germania ed in Francia. Nel 1953 Robert Capa lo invita ad entrare in Magnum Photos. Elliott rimarrà membro di questo prestigioso gruppo da allora, e ne sarà presidente numerose volte. Elliott è a buon diritto una delle personalità di spicco del mondo dell'informazione, i suoi servizi fotografici, le sue illustrazioni, e le sue immagini realizzate per il mondo della comunicazione hanno lasciato il segno su testate di tutto il mondo negli ultimi 50 anni. Elliott, pur continuando ad essere fotografo prima di tutto, nel 1970 inizia a girare film. I suoi documentari numerosi includono BEAUTY KNOWS NO PAIN (1971),RED WHITE AND BLUEGRASS (1973) realizzato con l'assitenza dell'American Film Institute, e GLASS MAKERS OF HERAT (1977) che gli varrà numerosi premi. Nell'insieme Erwitt ha realizzato 17 commedie e filmati satirici per Home Box Office. Elliott incontra Biba Giacchetti nel 1997 e da allora attiva una collaborazione straordinaria nel settore della comunicazione in Italia. Quando Biba Giacchetti e Giuseppe Ceroni fondano Sudest57 nel 2002 Elliott Erwitt sarà tra i primi fotografi a fare parte del nuovo team, ad esserne ispirazione costante, maestro, sostenitore e grande amico. Nel tempo Elliott Erwitt ha realizzato con Biba Giacchetti progetti per Lavazza, Marazzi, Unilever, Luciano Barbera, Artemide, Chimento, e moltissimi altri. Biba Giacchetti ha curato la mostra di Elliott Erwitt "This and That" tenuta presso la galleria Spazia di Bologna. Le sue mostre personali si tengono continuamente in ogni angolo della terra dal Museo d'Arte Moderna di New York, allo Smithsonian, dall'Art Institute di Chicago al Museo D'arte Moderna di Parigi, dalla Kunsthaus di Zurigo al Photokina di Colonia. Moltissime mostre tratte dal libro Personal Exposures sono state esibite da dagli Stati Uniti all'Europa al Giappone. Altre mostre in circolazione come To The Dogs, On The Beach, Museum Watching Personal Best sono in circolazione in tutti i paesi del mondo. Attualmente Elliott è impegnato nella codificazione del suo immenso archivio mentre continua il suo lavoro editoriale e pubblicitario. Questo inevitabilmente lo porta a viaggiare ossessivamente per il mondo. Elliott Vive tra New York ed East Hampton. Gli piacciono i bambini, ed i cani. Ma a parte l'amore per questi e altri animali, quello dei cani un pallino che per Elliott Erwitt viene da lontano, addirittura dagli albori della sua carriera fotografica. E' il 1946 e un Erwitt diciottenne, scende dal pullman della Greyhound per New York, in quel momento l'intuizione o forse l'istinto, lo spingono a fotografare un cagnolino che indossa un pullover, la sua padrona non altro che un enorme paio di tacchi e una gonna, il primo scatto. Da allora un susseguirsi di immagini dove gli aspetti meschini, squallidi, crudeli, drammatici o semplicemente angosciosi del nostro quotidiano, non sono nascosti ma semplicemente messi da parte e ignorati da un uomo e un fotografo, che ha nelle sue corde il linguaggio del benevolo sarcasmo. La sua naturale evoluzione artistica, lo ha portato a livelli di perfezione formale di valore assoluto, ma il solco della consapevole eppure candida dissacrazione non lo ha mai lasciato.

L'immagine a destra è la versione Elliott Erwitt di Cartier-Bresson famoso "momento decisivo" shot? Non so se questa immagine è stata messa in scena o è un'istantanea, ma è sicuramente un omaggio al shot di Bresson ... ma basta guardare la freschezza e la chiarezza dei personaggi che si stagliano, e come le molte figure piccole in background (statue sul edificio, l'uomo sotto la Torre Eiffel, persone che camminano sul lato destro della foto) i personaggi in primo piano. La giustapposizione dell'ombrello aperto uomo che salta e l'inside-out ombrello della coppia. Mi piace moltissimo, un triste, piovoso, giorno afoso parigino che (in virtù della esuberanza di saltare dell'uomo) è diventato una favola. (commento personale di enzocala)

André Friedmann (Robert Capa)

miliziano colpito a morte
d day


1913 Budapest - 1954 Thai-Binh,Vietnam Robert Capa studia scienze politiche dal 1931 al 1933 all'Università di Berlino. Fotografo autodidatta, nel 1931 lavora già come assistente per Ullstein e dal 1932 al 1933 per Dephot (Deutscher Photodienst, il servizio tedesco per la fotografia). Nel 1933, si trasferisce a Parigi dove assume il nome di Robert Capa e svolge l'attività di freelance. Le sue fotografie della guerra civile di Spagna risvegliano grande attenzione: la prima serie contiene già "Miliziano colpito a morte", la sua opera finora più famosa e più discussa. Alcuni hanno sostenuto che questa fotografia sia un falso, costruito in studio da Capa. il messaggio non cambierebbe, nè il suo potere concettuale. Per tutta la vita rimane fedele al mestiere dell'inviato di guerra: soggiorna in Cina, Italia, Francia, Germania e Israele. Il 25 maggio 1954 muore a Thai-Binh (Indocina) per lo scoppio di una mina. La sua morte è la tragica conseguenza dei suo principio: «Se le tue fotografie non sono abbastanza belle, non sei abbastanza vicino». La sua capacità di sintetizzare con una sola immagine i sentimenti e il dolori di un popolo dilaniato dalla guerra civile o dalla rivolta suscita grande ammirazione. Tutte le sue opere hanno un elemento in comune: testimoniano il fascino che su di lui esercita l'uomo sempre in bilico tra la volontà di vivere e la propensione all'autodistruzione.

La grande passione per il suo lavoro ne ha fatto il più famoso inviato di guerra dei secolo; Capa ha senza dubbio fatto scuola e costituito un esempio da imitare non soltanto nel campo della fotografia, poiché la sua opera è al tempo stesso un manifesto contro la guerra, l'ingiustizia e l'oppressione. Nel 1955 è stato istituito il premio Robert Capa-Gold-Medal-Award in sua nemoria e a lui si deve l'International Fund for Concerned Photography. Il fratello Cornell Capa ha fondato l'International Center of Photography di New York, anche per conservare le opere di Robert e per renderle accessibili al grande pubblico.

Haas Ernst

donne che aspettano
rodeo


1921 Vienna - 1986 New York Ernst Haas scopre molto presto la sua passione per la fotografia, a quanto afferma, già da bambino. Comincia a diventare famoso quando lavora come fotoreporter freelance per le riviste «Der Film» e «Heute» intorno al 1950. Queste fotografie, pervase di grande tensione, ritraggono l'arrivo del treno su cui viaggiano i soldati tornati dalla guerra. Poco dopo entra a far parte dell'agenzia Magnum. A partire dal 1951, Haas usa prevalentemente materiale a colori e lavora come collaboratore indipendente per riviste come «Life», «Look», «Vogue» e «Holiday». Realizza così immagini di una città magica, servizio su New York, e Magico colore in movimento, reportage sportivo. Haas prende sempre più le distanze dalla fotografia giornalistica sensazionalistica; nel 1964 produce i Giorni della Creazione per il film di John Huston La Bibbia, mentre il relativo libro La Creazione viene pubblicato nel 1971. Il fotografo viennese sperimenta a questo punto anche le tecniche audiovisive. Come rivelano Show floreale del 1983 e la raccolta di immagini dal titolo Fiori, i particolari botanici sono un soggetto importante dell'opera dei suoi ultimi anni. Poco prima di morire improvvisamente nel settembre dei 1986, Haas presenta la sua produzione audiovisiva Astratti. Vi è, nella biografia di Ernst Haas, una ricorrenza di casualità piuttosto sorprendente. A Vienna, nell'immediato dopoguerra, studia fotografia al Graphische Lehr und Versuch Anstalt, ma la sua visione è troppo trasgressiva rispetto ai moduli d'insegnamento e gli viene consigliato di ritirarsi dal corso. Segue allora il proprio istinto e cerca le sue immagini nelle strade di una città ridotta ad un cumulo di macerie, soffermandosi su inconsueti episodi che descrivono con incisività delicate speranze o sofferte esperienze. Un'imprevista attesa alla stazione ferroviaria lo coinvolge all'arrivo del treno che riporta dalla Russia i prigionieri di guerra. Il momento è toccante, evidente è la tensione dei sentimenti che si alternano tra gioia, delusione e fiduciosa volontà. Quelle poche immagini, con il titolo E le donne stanno aspettando..., saranno pubblicate nel 1949 sulla rivista "Heute" del governo militare degli Stati Uniti nei territori occupati. Robert Capa, che dirige a Parigi l'appena nata agenzia Magnum Photos, rimane colpito dalla rara qualità del suo lavoro e invita Haas a unirsi all'ancora minuscolo gruppo di fotografi. Oggi Haas è considerato uno dei pionieri, e dei grandi maestri, della moderna fotografia a colori, come pure l'inventore del "mosso" quale soluzione visuale per rendere gli stati emotivi. Nel 1953 la rivista "Life" pubblica il suo servizio Magic Images of New York, dedicandogli ventiquattro pagine che affascinano i lettori e il mondo della fotografia: in realtà, per quella serie, Haas aveva utilizzato il colore quasi per disperazione. Giunto nella metropoli americana nel 1951 con un contratto di "Life", provava una profonda frustrazione nell'impossibilità di restituire con il bianco e nero le sensazioni che la città gli ispirava. Ernst Haas, nato a Vienna nel 1921, si iscrive alla facoltà di medicina, ma durante il periodo bellico è costretto ad abbandonare gli studi. Dal 1949 al 1961 è membro dell'agenzia Magnum. Nel 1961 il Museum of Modern Art di New York gli dedica una mostra. Nel 1971 pubblica il libro La creazione, un'interpretazione per immagini della Genesi, che rivela i suoi personali codici di visualizzazione. Muore a New York nel 1986.



Tina Modotti

calle
telegrafo



TINA MODOTTI (1896-1942) Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina, nasce nel popolare Borgo Pracchiuso a Udine, da famiglia operaia aderente al socialismo della fine Ottocento. Il padre Giuseppe lavora come meccanico e carpentiere, mentre la madre Assunta Mondini fa la cucitrice. Apprenderà i primi elementi di fotografia grazie alla frequentazione dello studio fotografico dello zio, Pietro Modotti. Si trasferisce a Los Angeles per raggiungere il padre, emigrante, e lì comincia a lavorare. Sposa il pittore Roubeix. (Robo) Intorno agli anni 20 fa la sua esperienza nel cinema come attrice: ma la natura del cinema è troppo commerciale: E' una donna bellissima e dotata di grande espressività: viene infatti ritratta da molti fotografi, fra cui Edward Weston. Robo muore durante un viaggio in Messico, e Tina lì arrivata per i funerali...rimarrà affascinata da questo paese. Si unisce a Weston e con lui va in Messico: siamo nel 1923, la coppia entra nel pieno del clima post rivoluzionario ed entrano in contatto con i grandi muralisti, fra cui Diego Rivera. E' in questo periodo che Tina, stando a contatto con Weston approfondisce il suo interesse per la fotografia, cui seguirà una prima mostra insieme al compagno. Nel frattempo il loro legame affettivo si deteriora e Tina, che nel frattempo aveva acquistato una camera Graflex, esegue molti ritratti, si unisce al pittore e militante Xavier Guerrero aderisce al Partito Comunista, lavora per il movimento sandinista nel Comitato "Manos fuera de Nicaragua" e partecipa alle manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti durante le quali conosce Vittorio Vidali, rivoluzionario italiano ed esponente del Komintern. Tina comincerà a fotografare in maniera diversa, dai fiori, rose calle...sposterà il suo occhio fotografico verso l'indagine sociale: le sue immagini assumono ora una valenza ideologica. Conosce Frida Khalo e si impegna sentimentalmente con Julio Antonio Mella, rivoluzionario cubano, e lei stessa intensifica il suo lavoro fotografico come militante. Nel 1929 Mello viene ucciso dai sicari del dittatore cubano Gerardo Machado.Partecipa alle manifestazioni in ricordo di Mella e, in segno di protesta, rifiuta l'incarico di fotografa ufficiale del Museo nazionale messicano. Si dedica alla militanza e al lavoro fotografico, realizzando un significativo reportage nella regione di Tehuantepec. All'Università Autonoma di Città del Messico il 3 dicembre si inaugura una rassegna delle sue opere, che si trasforma in atto rivoluzionario per il contenuto e la qualità delle fotografie e per l'infuocata presentazione tenuta dal pittore Siqueiros. La rivista Mexican Folkways pubblica il manifesto "Sobre la fotografia" firmato da Tina Modotti. 1930: viene accusata di aver partecipato all'attentato del capo di stato..fu arrestata e espulsa dal Messico. Si imbarca con Vidali..e dopo un lungo giro, giunge a Mosca, dove farà la sua ultima esposizione. Infatti abbandonerà la fotografia, per dedicarsi alla militanza e al soccorso dei militanti politici. Nel 1936 in Spagna scoppia la guerra civile...e Maria (Tina) con Vidali è a Madrid: lavora negli ospedali, ma fa tanto altro. Ha occasione di conoscere Robert Capa e Gerda Taro, Hemingway, Antonio Machado, Dolores Ibarruri, Rafael Alberti, Malraux, Norman Bethune e tanti altri della Brigate internazionali. Nel 1938 è tra gli organizzatori del Congreso Nacional de la Solidariedad che si tiene a Madrid. Durante la ritirata, con la Spagna nel cuore, aiuta i profughi che si avviano alla frontiera e si trova in pericolo sotto i bombardamenti. Arriva a Parigi con Vidali. Vorrebbe trasferirsi in Italia...ma il permesso le viene negato. Rientrerà in Messico, conducendo un'esistenza difficile. Nella notte del 5 gennaio 1942, dopo una cena con amici in casa dell'architetto Hannes Mayer, Tina Modotti muore, colpita da infarto, dentro un taxi che la sta riportando a casa. Come già era accaduto dopo l'assassinio di Julio Antonio Mella, la stampa reazionaria e scandalistica cerca di trasformare la morte di Tina in un delitto politico e attribuisce responsabilità a Vittorio Vidali. Volevo ricordare la sua amicizia con la grande Frida Khalo e con Diego Rivera. Per chi fosse interessato, c'è un ottimo film “Frida” di Julie Taymor: oltre a essere un grande omaggio alla pittrice, è anche un'ottima ricostruzione di quel periodo. Non avendo più a disposizione i miei libri, la biografia di Tina l'ho estratta dal sito del comitato. Per non dilungarmi...ho saltato molti passaggi della sua vita, ricca e movimentata, cercando di metterne in evidenza i più importanti.

Steve McCurry

ritratto di profuga afghana
Auschwitz



ll fotografo Steve McCurry è noto in tutto il mondo per le sue immagini di alto valore artistico e documentaristico. Gli studi di cinematografia e storia alla Pennsylvania State University gli hanno consentito di sviluppare e perfezionare il talento in entrambi i settori. Conseguita la laurea cum laude nel 1974, inizia a lavorare come fotografo di un quotidiano di King of Prussia, un sobborgo di Philadelphia, sua città natale. Quattro anni dopo decide di lavorare come freelance, parte per l’India e il Nepal, lascia il lavoro al quotidiano e si converte alla fotografia a colori. Il suo obiettivo è realizzare servizi geopolitici per i periodici. Dopo un avvio lento, McCurry arriva in breve tempo alla ribalta internazionale. Nel maggio del 1979 incontra nel Nord-ovest del Pakistan alcuni profughi afghani che lo informano che nel loro paese sta per scoppiare una guerra. Dopo aver trascorso alcune settimane con i ribelli mujaheddin, schivando l’artiglieria dell’esercito di giorno ed evitando le mine durante i trasferimenti notturni attraverso le montagne afghane, McCurry riesce a tornare in Pakistan con tutti i suoi rullini. Quando la sua fotografia dei combattenti mujaheddin che controllano il passaggio dei convogli russi viene pubblicata sul New York Times, McCurry diventa famoso in tutto il mondo. L’intrepido fotografo cui si devono le rare immagini di un conflitto nascente riceve presto altri incarichi dalle principali riviste. Nel 1980 segue la guerra in Afghanistan per Time e viene premiato con la prestigiosa medaglia d’oro Robert Capa per il miglior reportage fotografico realizzato all’estero con straordinario coraggio e spirito d’iniziativa. McCurry inizia quindi a collaborare con National Geographic, che gli garantisce le risorse e il tempo necessari per realizzare servizi approfonditi (l’indice completo degli articoli è nella pagina seguente). L’immagine della piccola profuga afghana dagli occhi verdi pubblicata sulla copertina di National Geographic nel 1985 lo consacra tra i maestri del fotogiornalismo mondiale ed è ancora oggi una delle fotografie più riconoscibili mai scattate. Nello stesso anno, McCurry ottiene numerosi riconoscimenti: tra questi il premio Magazine Photographer of the Year della National Press Photographers Association e quattro premi World Press Photo. Nel corso della sua carriera McCurry si è ispirato al lavoro di altri fotografi documentaristi come André Kertész e Walker Evans, e ha spesso incontrato il maestro Henri Cartier-Bresson, uno dei fondatori dell’Agenzia Magnum, di cui McCurry è membro dal 1986. McCurry vive a New York. Ha documentato i tragici eventi nella città dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 al World Trade Center. Era tornato solo il giorno prima dal Tibet, dove si era recato su incarico di National Geographic. Le fotografie di McCurry fanno parte delle collezioni dei principali musei, inclusi l’International Center of Photography di New York; il Tokyo Museum of Modern Art e il Philadelphia Museum of Art, che nel 1997 ha anche organizzato una mostra itinerante delle sue immagini sull’India. Steve McCurry ha pubblicato numerosi libri (dove disponibile indichiamo l’edizione italiana): The Imperial Way (1985); I giorni del monsone (1989); Sanctuary (2002); The Path to Buddha: A Tibetan Pilgrimage (2003); Ritratti (2003); Sud sud-est (2004); Steve McCurry (2005); Looking East (2006); ll cammino di Francesco (2006); In the Shadow of Mountains (2007); L’istante rubato (2009).

Alexandr Mijáilovich Rodchenko

scale
fotomontaggi


fu uno dei fondatori del costruttivismo, un movimento culturale nato in Russia nel 1913, che rifiutava il culto dell' “arte per l'arte" a favore dell'arte come pratica diretta verso scopi sociali. Nato a San Pietroburgo il 5 Dicembre del 1891, si trasferì con la famiglia a Kazàn, la capitale del Tatarstan. Studiò nella Scuola di Arte di Kazán, avendo come professori Nikolai Feichin e Georgui Medvédev e nell’ Instituto Stróganov di Mosca. Dopo la rivoluzione del 1917 Rodtschenko si impegnò, come molti altri artisti dell’avanguardia, per la costruzione di nuove strutture della produzione artistica nella neo-costituita Unione Sovietica. Nel 1920 fu attivo come membro fondatore dell’ Inchuk (Istituto di Cultura Artistica) e sviluppò insieme a Wassily Kandinsky ed altri artisti l’idea di una rete di musei d’arte nell’intero paese. Fu uno degli artisti più versatili della Russia degli anni venti e trenta, esplorando nel suo cammino varie forme artistiche quali la pittura, la scultura, il disegno grafico e la fotografia. Concentratosi, in un primo periodo, sulla grafica dei manifesti, Rodchenko sostituì bruscamente il linguaggio Art Nouveau o futurista diffuso in Europa, con un impianto formale, astratto e geometrico, che trovava nel fotomontaggio il suo linguaggio preferito. I suoi manifesti mescolavano disegni, pittura e fotografie fatte da altri o recuperate da giornali e riviste.Dal 1924 iniziò la sua ricerca fotografica concentrandosi nella ritrattistica di studio attraverso l’uso di camere a banco ottico. Raggiunse, tuttavia, il suo inconfondibile stile quando riuscì a liberarsi dalla schiavitù della fotocamere a lastre pesanti, utilizzando fotocamere leggere e portatili ( tra le sue preferite, la Leica). Redarguito dal regime per il suo stile troppo incline ad uno sperimentalismo di stampo occidentale ed invitato a "rientrare nei ranghi", venne costretto a ritrarre solo eventi di Stato (eventi sportivi, parate e cerimonie) e finì per abbandonare la fotografia intorno al 1940.Per la fotografia Rodchenko è stato un pioniere. Le sue immagini vanno alla ricerca di differenti punti di vista, creando sensazioni nuove, sconcertanti e di forte impatto. Il fotografo russo gioca con le visuali per trarre in inganno lo spettatore. Rodchenko ha liberato la fotografia da molte delle sue convenzioni. Le sue immagini attraverso un punto di vista dall’alto o dal basso deformano la nostra sensazione di oggetto divenendo quasi astratte. Bianchi e neri dai contrasti forti, con un uso sapiente delle luci, raffigurano un amore verso ogni forma di tecnologia (aerei, dirigibili, palloni aerostatici, ma anche ponti, tralicci) e verso quello che il progresso tecnologico rappresenta.

Helmut Newton

naughty
desnuda


1920 Berlino - vive a Monte Carlo Helmut Newton, oriundo tedesco con passaporto australiano e residente a Monte Carlo nel Principato di Monaco, è senza dubbio un cosmopolita che coltiva con piacere questa immagine. Il fatto che numerose delle sue foto siano realizzate in suite di albergo, fa parte sicuramente di questo atteggiamento. Newton studia con la fotografa berlinese Yva, famosa per le sue fotografie di moda, per i ritratti e i nudi. Dopo l'apprendistato trascorre parecchi anni in Australia e a Singapore e poi vive e lavora a Parigi per 25 anni. Lavora per l'edizione francese, inglese, americana e italiana di «Vogue», ma anche per «Elle», «Marie Claire», «Jardin des Modes», «American Playboy», «Nova» e «Queen». Inoltre realizza regolarmente grandi servizi fotografici per «Stern» e «Life». Oggi sono pochi i fotografi che, come Newton, riescono a polarizzare l'attenzione del mondo dell'arte, diviso fra la cerchia dei fan che ammirano le sue fotografie e gli oppositori accaniti che vogliono squalificarlo, bollandolo come fenomeno di moda o accusandolo di misoginia. In realtà Newton ha creato un nuovo stile della fotografia di moda, di cosmetici e di nudo, che sicuramente ha un successo tanto grande perché rivela una sensibilità profonda per i segni dei tempo. La fusione fra l'autorappresentazione offensiva e la sottomissione volontaria da un lato e la predilezione per donne alte, dall'ossatura sfaccettata, ben autodeterminate, coglie nel vivo il dilemma in cui si dibattono ancora le donne e il movimento femminista: influire sulla società con il proprio ruolo e tuttavia non rinunciare all'identità tradizionale di donna; oppure vivere il difficile e doloroso processo di ricerca di una nuova identità. Le donne mascoline, l'inclinazione all'androgino costituiscono una risposta all'identità non ancora trovata nel nuovo ruolo femminile. Le fotografie di Newton mostrano le sfaccettature più disparate dei tipi di donna che si sono sviluppati in questa situazione. Poiché non lo fa con spirito critico, ma con voluttà, Newton si è attirato le critiche pungenti del movimento femminista.

Nachtwey James

Malato di meningite in Cambogia
il giorno che cambiò il mondo

1948 Syracuse NY e ancora in vita. E’ cresciuto in Massachusetts e si è laureato al Dartmouth College, dove ha studiato Storia dell’Arte e Scienze Politiche (1966-70). La scelta di diventare fotoreporter è stata fortemente influenzata dalle immagini della Guerra in Vietnam e dal Movimento per i Diritti Civili in America. Ha lavorato a bordo delle navi della Marina Mercantile, come apprendista capocronista e camionista, e al contempo studiava fotografia da autodidatta. Nel 1976 ha cominciato a lavorare come fotografo di un giornale nel Nuovo Messico. Nel 1980 si è trasferito a New York per cominciare una carriera come fotografo freelance per un giornale. Il suo primo incarico all'estero fu un servizio sulla lotta civile nell’Irlanda del Nord nel 1981, durante lo sciopero della fame dell’IRA. Da allora Nachtwey si è dedicato esclusivamente alla documentazione di guerre, conflitti e questioni sociali. Il vasto repertorio dei suoi lavori fotografici copre un raggio di quattro continenti. Nachtwey è stato un fotografo di contratto con Time sin dal 1984. Ha lavorato in associazione con la Black Star dal 1980 al 1985 ed è stato membro della Magnum dal 1986 al 2001. E’ socio della Royal Photographic Society e ha ricevuto un Dottorato Honoris Causa in Belle Arti dal Massachusetts College of Arts. Nel settembre 2001 è diventato membro fondatore dell’Agenzia Fotografica VII. La grandezza di James Nachtwey, ciò che lo rende un autore e non un semplice reporter di guerra è che nelle sue fotografie c'è sempre un'attenta composizione. Forse ci si aspetta che un fotografo di fronte ai bambini affamati o ai cadaveri decomposti, diventi incapace di svolgere il suo lavoro, dimentico della sua professionalità, così come chiunque sarebbe incapace di dire qualsiasi parola di fronte a scene del genere. Invece le fotografie di Nachtwey sono sempre chiare e precise testimonianze e l'attenzione alla composizione diventa il mezzo con cui Nachtwey informa, comunica in modo efficace quello che ha visto, con la partecipazione di chi assiste alla sofferenza umana e vuole combatterla.

Michael Yamashita

pescatori
dune


Michael Yamashita è nato a San Francisco ed è cresciuto a Montclair, nel New Jersey, nell’area suburbana della metropoli newyorkese. Nel 1971 si è laureato in studi asiatici alla Wesleyan University, nel Connecticut, e subito dopo è partito per l’Asia, dove ha trascorso sette anni. Pur non avendo frequentato alcun corso di fotografia, è riuscito a trasformare l’hobby iniziale in una sfolgorante carriera che combina la passione per l’obiettivo e per i viaggi. Collaboratore fisso di National Geographic dal 1979, Yamashita ha dedicato un’attenzione particolare all’Asia; ma il lavoro lo ha portato in giro per il mondo, dalla Somalia al Sudan, dall’Inghilterra alla Nuova Guinea, dall’Irlanda al New Jersey. Yamashita, che parla perfettamente il giapponese, ha fotografato anche tutto il Giappone, paese d’origine dei suoi genitori. Lo contraddistingue la capacità di seguire con la medesima lucida poesia sia i “percorsi” dell’uomo che i sentieri della natura: ecco dunque i servizi su Marco Polo, sul poeta giapponese Basho, sull’esploratore cinese Zheng He, sul Fiume Mekong e sulla Grande Muraglia. Dal suo servizio sulla flotta di navi lignee più grande del mondo e sull’ammiraglio Zheng He è nato inoltre The Ghost Fleet (La flotta fantasma), un lungometraggio che lo vede in veste di narratore e che è stato premiato come miglior documentario storico al Festival cinematografico internazionale di New York. Yamashita ha cominciato a interessarsi alla fotografia grazie alla sorella, ottima fotografa dilettante. Fra le altre figure che lo hanno ispirato cita Ernst Haas e Henri Cartier-Bresson, e i fotogiornalisti che hanno fatto la storia di National Geographic. Yamashita, che tiene conferenze e seminari in tutto il mondo, ha ottenuto diversi riconoscimenti di associazioni quali la National Press Photographers Association (Pictures of the year), il New York Art Directors Club e la Asian-American Journalists Association. I suoi scatti sono stati in mostra in Asia - a Tokyo, Beijing, Seoul, Hong Kong, Singapore - come a Roma, Francoforte, Los Angeles e Washington. Le sue immagini della zona smilitarizzata fra le due Coree, inoltre, sono state esposte a Perpignan, in Francia, al festival di fotogiornalismo “Visa pour l’Image”. Yamashita ha pubblicato nove libri fotografici, nati nella maggior parte dei casi come articoli per National Geographic: The Great Wall From Beginning to End; New York: Flying High; Zheng He: sulle tracce degli epici viaggi del più grande esploratore cinese (edito in Italia da White Star); Japan: The Soul of a Nation; Marco Polo (edito in Italia da White Star); Mekong: A Journey on the Mother of Waters; In the Japanese Garden; United States Merchant Marine Academy; Lakes Peaks and Prairies: Discovering the United States-Canadian Border. Quando non è in viaggio, Yamashita vive con la famiglia in campagna nel New Jersey, dove presta anche servizio come vigile del fuoco.

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