Il software per l'immagine

Da Fototue.it Wiki.

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Elaborazione di immagine

Tra i software — ovvero quegli elementi che consentono alle "macchine" di eseguire delle determinate operazioni, delle "funzionalità" che possano dimostrarne una certa utilità (una "macchina" senza operabilità può al limite servire come ferma carte e a poco altro…) — quelli che interessano maggiormente ai fotografi sono senz’altro i software di elaborazione dell’immagine, ma è bene definire in prima battuta quanto vasto sia il mondo dell’elaborazione dell’immagine. In un momento in cui gli "effetti speciali" vanno per la maggiore, si tende a parlare di elaborazione solo riferendosi alle modifiche radicali sul contenuto espressivo dell’immagine: cambiamento del colore, della forma, degli sfondi. Tutto questo è in effetti molto importante sia dal punto di vista creativo che "comunicativo", ma il "trattamento" dell’immagine (termine più criptico, meno evocativo e meno alla moda di "elaborazione") include molte altre voci, tra le quali la compressione, la conversione di formati, la conversione di spazi colore, la riduzione di difetti, l’inserimento di elementi grafici ed altro ancora.

Alcuni programmi (software) hanno fatto la loro fortuna riuscendo a proporsi per risolvere uno specifico problema: per esempio, riuscire a manipolare immagini molto "pesanti" con macchine poco potenti, oppure riuscire ad effettuare delle "maschere" (ovvero isolare una porzione dell’immagine dal suo fondo) con grande rapidità, oppure convertire con particolare efficacia le immagini per poterle visualizzare su Internet. La tendenza, oggi, è quella che porta alla scelta di una vera a propria "piattaforma" che viene costruita adhoc per rispondere con la massima qualità e produttività alle esigenze di ogni singolo professionista. E’ stato compreso, infatti, che gli utenti professionali preferivano dedicare più tempo, per raggiungere un determinato risultato, all’uso di un unico software, piuttosto che "saltare" da un programma all’altro per ogni singola operazione, a causa della fatica nell’apprendimento di tanti differenti programmi, alla complessità dell’uscire da un software all’altro — operazione quasi mai perfettamente trasparente ed efficace , allo spazio di memoria occupato da tanti programmi sull’hard disc della macchina.

Chi ha vinto, fino a questo momento, è stato chi ha deciso di offrire uno spazio di lavoro molto ampio, offrendo però "porte di ingresso" a terze parti che hanno investito non in "programmi" a sé stanti, ma in "cellule" che si sono integrate al programma di base, aumentandone le prestazioni, laddove gli utenti richiedevano maggiore flessibilità o maggiore potenza. Tale architettura di software, definita "plug-in", ha generato la possibilità di creare una base di produzione molto uniforme, universale, e al tempo stesso ha offerto una crescita dell’investimento in funzione delle reali esigenze dell’utente.

Nella scelta di un programma di elaborazione di immagine bisogna tenere in considerazione alcuni elementi di base:

1. Compatibilità con l’esterno: è finita l’era delle macchine "dedicate", ora la parola d’ordine è la possibilità di comunicare a 360 gradi, non solo con tutte le "altre macchine", ma anche con tutti gli altri media. Non è sufficiente fermarsi al discorso "mac/windows compatibile", che appare ormai il minimo indispensabile, ma significa potersi interfacciare rapidamente e con la massima versatilità ad ogni soluzione di comunicazione: un programma moderno di elaborazione deve essere ormai multimediale, deve permettere alle immagini di flettersi alle esigenze della carta stampata, del video, dell’immagine interattiva.

2. Compatibilità con la macchina: altra banalità, che citiamo solo per stabilire il metodo giusto di scelta di hardware e software. Un fotografo che desidera lavorare sull’immagine digitale non deve scegliere il computer (la macchina) e poi il programma che ovviamente possa "girare" sulla macchina, ma il contrario: è il programma che gli farà ottenere i risultati, che gli darà soddisfazione, che gli fornirà materiale che potrà "vendere" alla sua clientela. Oggi, i principali e i migliori programmi di elaborazione di immagine sono disponibili per entrambe le piattaforme primarie: Mac e Windows, e questo rende meno "importante" la scelta dell’hardware (e forse, proprio per questo, più difficile: bisogna studiare i dettagli), ma se scoprirete che un determinato programma risponde esattamente alle esigenze del vostro lavoro, ed esiste per una determinata ed unica piattaforma, avrete scoperto che dovete comprare proprio quella determinata macchina, o che dovrete sostituire la vostra.

3. Potenza, tanta potenza: ormai la "potenza fisica" costa poco rispetto a pochi anni fa: ram, hard disc, megahertz sono disponibili a vagonate e costano pochi soldi. Fate quindi affidamento su programmi che nascono per gestire file di grandi dimensioni, e che per farlo efficacemente vi richiedono anche molte prestazioni dal vostro computer. Date potenza ai software che, a fronte di questa "fame", vi promettono il massimo in termini di prestazioni, e non cercate invece soluzioni abbastanza superate che vi promettono miracoli con poca potenza: sono soluzioni interessanti per il settore consumer, non per quello professionale, che non può nemmeno pensare di poter lavorare con macchine che non siano al massimo delle prestazioni "fisiche";

4. Formati, formati, formati: i formati sono il linguaggio della comunicazione digitale. Fate in modo di avere pochi limiti nel "passaggio" dei dati. Esistono sul mercato dei meravigliosi, piccoli programmini che si occupano solo della conversione di formati grafici, e offrono infinite modalità. Alcuni di questi programmi sono addirittura shareware (shareware significa: io te lo cedo gratuitamente per poterlo provare, se ti piace acquistalo per pochi soldi. In pratica, un gesto di fiducia nei confronti dell’utente finale, che dovrebbe ripagarlo con identica dimostrazione di stima).

5. Mascheratura: è in assoluto la lavorazione che fa "perdere più tempo" e quindi quella che richiede maggiori attenzioni nella scelta. Viene definita anche "scontorno" ed è un’operazione che sempre più si automatizza, anche se l’intervento manuale non è scomparso del tutto, specialmente quando dobbiamo scontornare immagini complesse (del tipo: un coniglio bianco candido appena lavato con il pelo tutto vaporoso su un fondo bianco ben illuminato ed uniforme). Usare programmi per ottimizzare e velocizzare al massimo questa operazione rientra negli investimenti che prima o poi si finisce col dover affrontare.

6. Compatibilità con gli standard ICC: un programma di elaborazione dell’immagine deve necessariamente integrarsi agli strumenti di gestione del colore, che sono tutti collegati ad uno standard definito ICC. Di questo parleremo nelle sezioni più evolute dedicate al color management, ma è bene che si possa da subito sapere che deve essere prevista la compatibilità con questo standard.



Impaginazione

I software di impaginazione sono meno utilizzati dai fotografi che di professione, infatti, producono - in linea di principio — immagini che poi qualcun altro si incarica di "impaginare", ovvero di confezionare all’interno di un determinato spazio (una pagina, un manifesto, una cartolina). L’evoluzione del flusso dell’immagine digitale ha portato però il fotografo sempre più vicino all’ambiente dell’impaginazione: a volte solo per realizzare piccoli interventi di contorno (l’inserimento di scritte, numeri di codice, marchi) per la realizzazione di cataloghi fotografici dove l’elemento primario è quello dell’immagine; un lavoro semplice che consente al fotografo, con poco sforzo, di fornire un "prodotto finito". Ci sono però settori che erano assolutamente distanti dall’impaginazione e che oggi stanno invece guadagnando terreno: anche nel reportage di matrimonio, sono molti quelli che stanno proponendo vere e proprie "riviste illustrate", composte dalle immagini del matrimonio, poi arricchite con articoli, titolazioni, frasi con un look tipico dei rotocalchi o delle riviste di moda. Ancora una volta, viene quindi richiesto al fotografo un allargamento delle proprie competenze.

Ecco alcuni consigli per chi deve seguire questa strada:

1. I programmi di elaborazione d’immagine non sono degli impaginatori di testo: e’ una delle cose più fastidiose che si stanno vivendo nel mondo della grafica. Sono, infatti, molti gli utenti che, conoscendo solo un programma di elaborazione di immagini (che, in quanto tale, lavora in modalità "raster" e non "vettoriale" — vedere sezione dedicata al come si forma l’immagine digitale), lo usano anche per fare interventi grafici con scritte ed anche testi lunghi e complessi, pagine di pubblicità, cataloghi, eccetera. Ogni applicativo per elaborazione di immagini ha una funzionalità di inserimento testi, ma il risultato del creare delle scritte con un programma raster è quello di una resa molto "morbida" dei caratteri (a causa dell’effetto "anti-aliasing" che viene inserito per migliorare la visualizzazione a monitor, una specie di sfumatura dei bordi). Per ottenere in stampa una buona resa di scritte "raster" bisognerebbe usare risoluzioni elevatissime (per esempio: 1.200 punti per pollice). Abituatevi ad usare programmi di impaginazione che si incaricano di unire i vari "pezzi" della comunicazione: testi, titoli, immagini; ne guadagnerete in qualità e — appena ci farete l’abitudine — anche in produttività

2. Impaginare significa mettere insieme degli elementi. Solitamente si usa tale termine per la fase di progettazione ed esecuzione di uno stampato, ma ormai per "impaginazione" si intende anche la preparazione di pagine per Internet. Qualsiasi strumento che nasce per creare un risultato partendo dall’organizzazione di elementi di vario genere (fotografie, disegni, testi, video) è, di fatto, un "impaginatore";

3. La qualità dell’impaginazione è fatta da tre elementi: la capacità tecnica, la fantasia nella grafica e nell’estetica e la conoscenza degli elementi fondamentali della costruzione di una pagina. Troppo spesso, chi si avvicina a questo mondo provenendo da altre realtà cade nell’errore di concentrarsi troppo nella tecnica (ovvero nello scoprire quali tasti dover premere per ottenere un certo risultato), oppure eccede nell’utilizzare troppi "effetti grafici" (tanti colori, tante font, ombreggiature, eccetera). Dopo tanti anni di "effetti speciali" — frutto dell’eccitazione del poter usare programmi e macchine davvero meravigliose che hanno consentito in un istante di superare enormi difficoltà di produzione che fino a quel momento esistevano — oggi vince chi li utilizza non puntando sull’effetto, ma sul valore del segno, sul rafforzamento del messaggio attraverso la grafica, e non vice-versa (per molti anni abbiamo visto la grafica "spaziale" che sopperiva — o tentava di farlo — alle idee). Le cose inaccettabili, avendo a disposizione programmi che sono in grado di garantire delle raffinatezze nella composizione dei testi davvero strepitose, sono quelle derivate dalla mancata conoscenza del terzo elemento che abbiamo citato — ovvero la conoscenza degli elementi fondamentali della costruzione di una pagina — che viene tralasciata da troppe persone: lo spazio tra le lettere, tra le parole, l’uso corretto dei capo lettera, lo leggibilità di una font, l’uso più o meno corretto delle parole in maiuscolo, eccetera. Se non siete eccessivamente interessati a sviluppare la conoscenza di questa componente (che a prima vista fa percepire, però, se il lavoro è stato eseguito — al di là della fantasia grafica - da un professionista o da uno sprovveduto), almeno cercate un confronto diretto tra i risultati che ottenete, dal punto di vista della leggibilità e dell’eleganza, con quelli che trovate stampati sulle riviste (anche se alcune sono anch’esse impaginate in modo sempre più disattento per quanto riguarda questi equilibri che, prima ancora che estetici, sono funzionali: rendono più facile o più difficile la lettura, e non è poco!);

4. A volte l’operazione di impaginazione viene considerata inutile, perché per esempio l’immagine da stampare è priva di altri elementi grafici, è solo una "fotografia". Sappiate che, in quasi tutte le applicazioni della pre-stampa, è sempre preferibile effettuare l’output (su pellicola litografica, su prova colore, in computer-to-plate, eccetera) partendo comunque da un file prodotto con un programma di impaginazione, perché una importante componente di questi software è relativa al loro motore di stampa, ricco di controlli ed in grado di sfruttare al massimo le potenzialità delle apparecchiature di produzione (rip, intepreti postscript, eccetera). Banalmente, nella maggior parte dei casi conviene "importare" l’immagine all’interno di una pagina bianca di un programma di impaginazione e stamparla da quel file: si otterrà il risultato più rapidamente e con maggiore qualità.



Illustrazione e per grafica

Sono i programmi per "disegnare", che quindi lavorano essenzialmente con immagini vettoriali. Vengono usati da grafici ed illustratori, da designer e da architetti. Molto poco dai fotografi, che però possono trarne vantaggio nella realizzazione di elementi grafici di abbellimento di pagine e di cataloghi, oppure per vettorializzare marchi e scritte acquisite in modalità raster (con scanner o sistemi di ripresa digitale). Nella maggior parte dei casi, però, per gli usi che possono interessare ai fotografi, gli strumenti grafici inclusi nei programmi di impaginazione, sono più che sufficienti, senza la necessità di addentrarsi in un mondo di illustrazione vettoriale che, pur affascinante, crediamo appartenga ancora ad ambiti differenti da quelli di competenza del fotografo.



Gestione del colore

I sistemi di gestione del colore dispongono di elementi software ed hardware. I primi si incaricano di correlare dati cromatici, i secondi di analizzare e misurare tali dati. Il circuito è il seguente: attraverso degli strumenti (spettrofotometri, densitometri, colorimetri) vengono misurati i valori di alcune specifiche cromie risultanti dalla visualizzazione del nostro monitor, della nostra stampante, della prova colore, della stampa finale riprodotta sulla rivista "XXX". I dati raccolti vengono confrontati con i valori nominali che sono contenuti all’interno dei programmi di color management che agiscono da strumento di confronto tra "quello-che-doveva-essere-e-quello-che-invece-viene-fuori". Per essere più "scientifici", il programma opera "scoprendo" di quanto si discosta l’interpretazione di ogni periferica analizzata singolarmente (lo scanner, il monitor, la stampante, la macchina da stampa) rispetto ai valori "esatti" di cui lui detiene le informazioni. La seconda operazione è quella di regolare il flusso per fare in modo che input ed output vengano allineati tra loro, e che siano quanto più vicini ai valori nominali. Una volta allineato il processo — che si ottiene creando delle specie di "targhette digitali" che identificano le caratteristiche di resa cromatica di ogni periferica utilizzata — è possibile produrre e trattare immagini che siano coerenti e calibrate correttamente dal punto di vista cromatico.

Le difficoltà da affrontare in relazione a questo discorso sono le seguenti:

1. Se il processo di color management ha un elemento non "controllato" dal sistema di color management, non riusciremo ad ottenere risultati precisi, ma solo una piccola approssimazione. In molti casi, non ci è possibile operare avendo sotto controllo tutte le periferiche. La strada dovrebbe essere quella di una maggiore interazione tra input e stampa tipografica per poter effettuare correlazioni più precise dal punto di vista cromatico

2. Il "motore" che effettua i calcoli di comparazione dei valori cromatici, e che quindi genera i profili (che abbiamo definito "targhette digitali") può essere più o meno efficiente: tutti calcolano, ma alcuni lo fanno con maggiore precisione (solitamente, sono quelli che costano di più, ma non vogliamo apparire banali nell’affrontare in questo modo l’argomento)

3. Molti sono convinti che il "vero problema" della riproduzione del colore sia la "conversione" da RGB a CMYK (anche perché tutti ne parlano). Il problema è invece sempre di "gestione e trasportabilità del colore". Esistono programmi di "conversione colore" che promettono risultati miracolosi "con un click", senza prevedere misurazioni precise e dirette; probabilmente, promettono più di quello che sono in grado di mantenere. Esistono soluzioni che migliorano apparentemente il risultato delle conversioni, ma solo affrontando il problema nella sua essenzialità, ovvero nella misurazione dei valori di output finali, sarà possibile ottenere delle conversioni adeguate e corrette dei vostri file.

4. Molte discussioni si stanno affrontando in questo periodo sulla possibilità di creare un "profilo" per sistemi di ripresa digitale. Alcuni esperti sono dell’opinione che non sia possibile applicare, con gli strumenti oggi in nostro possesso, tale procedura, altri invece ne sono convinti. Di sicuro, però, le caratteristiche specifiche della ripresa digitale la discostano nettamente da un input che pur appare — nella sua essenza — molto simile, ovvero quella di uno scanner: lo scanner usa sempre la stessa luce, posizionata sempre nella stessa posizione, i "materiali" che legge sono sempre gli stessi e sono riconoscibili (pellicole, carte, negativi, diapositive); nel caso della ripresa fotografica le variabili sono molte di più. E’ quindi ipotizzabile che, su questo versante, ci saranno evoluzioni considerevoli.

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